Misticismo partenopeo: cimitero delle 366 fosse
| In città
Una rivoluzionaria opera di ingegneria
Napoletani e non, è difficile non conoscere, almeno per sentito dire, il cimitero delle Fontanelle. Ma pochissimi sono i napoletani che sanno di un altro cimitero, altrettanto particolare, per non dire unico nel suo genere: il Cimitero delle 366 Fosse. Aperto nel 1736 su impulso di Ferdinando IV di Borbone e progetto di Ferdinando Fuga, il cimitero di Santa Maria del Popolo - questo è il nome ufficiale - fu aperto in uno dei periodi più bui della storia del Regno di Napoli.
Anni di forte carestia avevano messo in ginocchio il sistema sanitario borbonico, sia statale, molto precario in verità, sia privato, più efficace e ad appannaggio esclusivo di enti religiosi. Il numero di salme aumentava di giorno in giorno e le cave di tufo come il famoso Cimitero delle Fontanelle non riuscivano più a contenere i numerosi corpi. Ma cos’è che rende il Cimitero delle 366 Fosse così particolare?
Si tratta, infatti di una rivoluzionaria opera di ingegneria, una moderna impostazione di razionalizzazione della sepoltura. Il sistema pensato da Fuga è semplice. La pianta quadrata dell’edificio è divisa in 366 settori caratterizzati sul pavimento da una pietra tombale numerata 80x80 cm. Queste pietre fungono anche da botole che si aprono su cisterne sotterranee profonde oltre 10 metri.
Le fosse sono numerate in ordine crescente perché corrispondono ai giorni dell’anno (anche quello bisestile). Così ogni giorno alle 18.30 veniva sollevata la pietra tombale corrispondente al giorno dell’anno e venivano gettati i corpi che arrivavano numerosi. Il volo, si diceva, era di oltre 10 metri e, anche se parzialmente colmati dall’accumulo dei corpi, il tonfo cupo delle ossa che impattano sulle altre ossa era impressionante. Solo nel 1877, grazie alla donazione di una nobildonna inglese, fu costruita una struttura ad argano con bara di ferro e fondo apribile che accompagnava la salma fino al limitare dell’altezza della catasta di corpi.
E grazie a questa opera pietosa si regalava maggiore dignità ai corpi che continuavano a fluire numerosi. Ma la vera unicità di questo cimitero, che ne fa un caso isolato probabilmente in tutta Europa è la possibilità di determinare con assoluta certezza la collocazione della salma. A differenza delle altre terre sante o cave di tufo, anche i più poveri “abitanti” del luogo venivano registrati, giorno dopo giorno.
E’ quindi facile risalire alla esatta posizione del defunto. Nel 1890, cambiata la sensibilità e le esigenze del tempo (si muore di meno e per cause più forti), il sistema a fosse viene interrotto.
Così da allora il Cimitero delle 366 fosse precipita in un lungo stato di abbandono che dura tutt’oggi da oltre 120 anni. Unico a prendersene cura è il custode, sig. Antonio De Gregorio che tutt’oggi consente la visitabilità di questo luogo così peculiare, previo contatto telefonico o controllo disponibilità sul sito ufficiale.
Anni di forte carestia avevano messo in ginocchio il sistema sanitario borbonico, sia statale, molto precario in verità, sia privato, più efficace e ad appannaggio esclusivo di enti religiosi. Il numero di salme aumentava di giorno in giorno e le cave di tufo come il famoso Cimitero delle Fontanelle non riuscivano più a contenere i numerosi corpi. Ma cos’è che rende il Cimitero delle 366 Fosse così particolare?
Si tratta, infatti di una rivoluzionaria opera di ingegneria, una moderna impostazione di razionalizzazione della sepoltura. Il sistema pensato da Fuga è semplice. La pianta quadrata dell’edificio è divisa in 366 settori caratterizzati sul pavimento da una pietra tombale numerata 80x80 cm. Queste pietre fungono anche da botole che si aprono su cisterne sotterranee profonde oltre 10 metri.
Le fosse sono numerate in ordine crescente perché corrispondono ai giorni dell’anno (anche quello bisestile). Così ogni giorno alle 18.30 veniva sollevata la pietra tombale corrispondente al giorno dell’anno e venivano gettati i corpi che arrivavano numerosi. Il volo, si diceva, era di oltre 10 metri e, anche se parzialmente colmati dall’accumulo dei corpi, il tonfo cupo delle ossa che impattano sulle altre ossa era impressionante. Solo nel 1877, grazie alla donazione di una nobildonna inglese, fu costruita una struttura ad argano con bara di ferro e fondo apribile che accompagnava la salma fino al limitare dell’altezza della catasta di corpi.
E grazie a questa opera pietosa si regalava maggiore dignità ai corpi che continuavano a fluire numerosi. Ma la vera unicità di questo cimitero, che ne fa un caso isolato probabilmente in tutta Europa è la possibilità di determinare con assoluta certezza la collocazione della salma. A differenza delle altre terre sante o cave di tufo, anche i più poveri “abitanti” del luogo venivano registrati, giorno dopo giorno.
E’ quindi facile risalire alla esatta posizione del defunto. Nel 1890, cambiata la sensibilità e le esigenze del tempo (si muore di meno e per cause più forti), il sistema a fosse viene interrotto.
Così da allora il Cimitero delle 366 fosse precipita in un lungo stato di abbandono che dura tutt’oggi da oltre 120 anni. Unico a prendersene cura è il custode, sig. Antonio De Gregorio che tutt’oggi consente la visitabilità di questo luogo così peculiare, previo contatto telefonico o controllo disponibilità sul sito ufficiale.
-
Un palazzo monumentale del centro storico di Napoli
-
Testimonianza dell'architettura barocca a Napoli
-
Una passeggiata a Chiaia per scoprire lo stile liberty napoletano
-
Una residua testimonianza dell'arte pre-rinascimentale a Napoli
-
Alla scoperta di giardini e musei del Suor Orsola Benincasa
-
Uno dei più importanti palazzi monumentali del centro storico di Napoli