Museo di Capodimonte: le collezioni
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Magnifiche collezioni nei saloni e negli appartamenti della Reggia
Nel Museo di Capodimonte, ben sei sono le sezioni che ospitano dipinti, sculture e oggetti che testimoniano il patrimonio culturale di Napoli tra eredità dal mondo occidentale e imprevedibili influenze e sorprendenti contatti col mondo orientale.
L’Appartamento Reale
La settecentesca “Galleria delle cose rare” é una sorta di camera delle meraviglie, voluta dal duca Ranuccio II. Il pezzo più famoso è il Cofanetto in argento dorato e sbalzato, lapislazzuli, smalto e cristalli di rocca intagliati, per il cardinale Alessandro Farnese. Oltre a questi il curioso trofeo-gioco da tavola che presenta Diana, dea della caccia, sul cervo: si tratta di uno strambo oggetto per la mescita divertente del vino.
La Collezione d’Avalos
C'è da perderci una giornata intera e forse non basta. Il Museo di Capodimonte che ha sede nella favolosa Reggia adibita a Tenuta di Caccia della Famiglia Reale, si divide in sei sezioni, che a loro volta conservano i più importanti e pregiati pezzi delle collezioni in esposizione: dalla Collezione Farnese alla Galleria delle Cose Rare, dall'Appartamento Reale al Salottino di porcellana e alla Galleria delle famose porcellane di Capodimonte.
Il Museo di Capodimonte è aperto tutti i giorni dalle 8.30 alle 19.30, tranne il mercoledì che è giorno di chiusura. Facciamo un tour nel Museo.
Il Museo di Capodimonte è aperto tutti i giorni dalle 8.30 alle 19.30, tranne il mercoledì che è giorno di chiusura. Facciamo un tour nel Museo.
L’Appartamento Reale
La storia dell’Appartamento Reale é la storia dell'intero palazzo, prima poco abitato e successivamente dimora stabile dei Sovrani. La Reggia di Capodimonte fu voluta da Carlo di Borbone nel 1738 e col tempo avrebbe accolto Ferdinando IV, re di Napoli a soli nove anni, Ferdinando II, sotto il quale l'edificio fu terminato, ma é solo con Carolina Bonaparte che il palazzo si trasforma in una residenza stabile. Con Gioacchino Murat viene realizzata la strada di collegamento con il centro della città, il famoso Ponte della Sanità (odierno Corso Amedeo di Savoia) che, spostando il traffico principale sulla nuova via, declassò l'antico borgo della Sanità, tagliandone i contatti col resto della città. E, forse, l'attuale quartiere della Sanità paga ancora dazio per quest'opera ingegneristica dalle irrimediabili conseguenze socio-culturali. L’edificio subisce una forte ristrutturazione a partire dal 1838, con il re Ferdinando II per proseguire sotto l'egida di casa Savoia: nel periodo successivo all'unità d'Italia vengono recuperati preziosi allestimenti come il Salottino di Porcellana dalla Reggia di Portici nel 1866.
Galleria delle porcellane
Qui sono esposte le porcellane di manifattura napoletana ed europea delle collezioni borboniche. Oggetti d'arredo, servizi da salotto, zuppiere e tutti gli oggetti da ricevimento comunemente utilizzati durante la vita e l'intrattenimento di corte eseguiti dalla Real Fabbrica di Napoli tra 700 e 800. Accanto alle manifatture napoletane si trovano raffinati esempi delle manifatture europee (Berlino, Sèvres e Vienna) giunte a Capodimonte attraverso la regina Maria Carolina d’Asburgo, moglie di Ferdinando IV di Borbone e figlia dell’imperatrice d’Austria Maria Teresa.
La Collezione Farnese
La Collezione Farnese é il nucleo fondante del Museo di Capodimonte e vi fu trasferita da Carlo di Borbone. La collezione ha origine dall’iniziativa di Alessandro Farnese (1468-1549), papa Paolo III, cultore di antichità (oggi al Museo Archeologico Nazionale) e arte figurativa. La famiglia farnese e i discendenti di Alessandro avrebbero continuato l'opera grazie all'apporto di artisti come Tiziano, El Greco, Giulio Clovio, Bertoja, Salviati e Guglielmo Della Porta, le cui opere sono la parte principale della raccolta. Altre opere firmate da Raffaello e Michelangelo furono donati dal colto bibliotecario Fulvio Orsini. A questi si aggiungono i cicli pittorici di Agostino e Annibale Carracci, beni confiscati altrove come capolavori di Andrea del Sarto, Giulio Romano, Correggio e Bruegel il Vecchio, e altre opere di Masaccio, Perugino, Luca Signorelli, Boccaccio Boccaccino e Joos van Cleve.
La Galleria delle cose rare
La settecentesca “Galleria delle cose rare” é una sorta di camera delle meraviglie, voluta dal duca Ranuccio II. Il pezzo più famoso è il Cofanetto in argento dorato e sbalzato, lapislazzuli, smalto e cristalli di rocca intagliati, per il cardinale Alessandro Farnese. Oltre a questi il curioso trofeo-gioco da tavola che presenta Diana, dea della caccia, sul cervo: si tratta di uno strambo oggetto per la mescita divertente del vino.
Galleria delle arti a Napoli dal ’200 al ’700
Oltre sei secoli di arte nel mezzogiorno, attraverso l'avvicendarsi di svevi, angioini, aragonesi, viceré spagnoli e austriaci, e Borbone. Il percorso è di carattere cronologico ed ospita principalmente le opere di artisti napoletani e meridionali, anche se non mancano maestri di altra provenienza: Roberto d’Oderisio, Luca Giordano, Simone Martini, Andrea Sabatini da Salerno, Colantonio, Matteo di Giovanni, Pinturicchio, Cesare da Sesto, Polidoro da Caravaggio, Vasari, Sodoma, Tiziano. La presenza di questi autori ben commenta la diffusione nel Meridione delle diverse scuole rinascimentali che hanno animato la penisola italica: basti pensare che nella chiesa di Sant'Angelo a Nilo si trovano alcuni esempi di scultura funeraria rinascimentale firmati da Donatello. A queste opere se ne aggiunge una particolarmente nota, la Flagellazione di Cristo di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio. All'interno di questa sezione si apre un secondo percorso incentrato sul 600, il secolo d'oro della pittura partenopea, con artisti del calibro di: Battistello Caracciolo, Carlo Sellitto, lo spagnolo Jusepe Ribera, Artemisia Gentileschi, Simon Vouet, Andrea Vaccaro. Le opere di Massimo Stanzione e Bernardo Cavallino annunciano il nuovo gusto barocco che si presenta anche grazie alle tele di guerra e battaglie di Aniello Falcone e le nature morte di Luca Forte, Giuseppe Recco, Giovan Battista Ruoppolo. Seguono ancora opere di Mattia Preti e altri pittori del periodo fra 600 e 700.
La Collezione d’Avalos
La collezione proviene dalla raccolta di dipinti di Alfonso d’Avalos, donati alla Pinacoteca di Napoli e poi trasferiti a Capodimonte dopo un'aspra diatriba legale. La collezione raccoglie ricami, miniature, stampe, armi e dipinti (Ribera, Pacecco De Rosa, Andrea Vaccaro, Luca Giordano, Giuseppe Recco, Giuseppe Ruoppolo, Abraham Brueghel). La sezione ospita anche gli arazzi della Battaglia di Pavia che raccontano gli episodi della battaglia del 1525 tra Francesi e Austriaci.
Armeria farnesiana e borbonica
Una vera chicca. La sezione che attraversiamo è l’armeria del Museo di Capodimonte, uno straordinario esempio di collezionismo con armi da fuoco, da taglio e da difesa, armi bianche, spade e pugnali, armi da botta, armi in asta, armature e guarniture da guerra e da torneo, tutti appartenenti alla famiglia Farnese. A questi pezzi si aggiungono quelli della famiglia borbonica, tra cui fucili e pistole delle fabbriche inglesi e francesi, donate ai sovrani, artiglieria generica e l'equipaggiamento dell'esercito borbonico.
Manifesti Mele
Una insolita collezione è quella che è stata donata al Museo di Capodimonte dagli eredi di Emiddio e Alfonso Mele, fondatori de “I Grandi Magazzini Italiani”. La moda e il lusso hanno abitato a Napoli in via San Carlo dal 1889 al 1932, anno di chiusura. L'esposizione presenta le locandine e le stampe dei manifesti pubblicitari della ditta, raccontando lo stile e l'effervescenza di un periodo d'oro per mezza Europa: la belle epoque. La cui atmosfera si respirava a Napoli tra i cabaret e i cafè chantant, tra "sciantose" e ribalte dove avrebbero mosso i primi passi Totò, Eduardo, Viviani, Nino Taranto, Enrico Caruso. A quel tempo Napoli e Parigi erano un universo comune di cultura e spettacolo, normale che si strizzassero l'occhio avvicendevolmente. I Grandi Magazzini Italiani seguirono infatti il modello dei parigini La Fayette e Bon Marché. Tra gli illustratori e disegnatori: Achille Beltrame, Pier Luigi Caldanzano, Leonetto Cappiello, Marcello Dudovich, Franz Laskoff, Gian Emilio Malerba, Achille Luciano Mauzan, AldoMazza, Leopoldo Metlicovitz, Enrico Sacchetti, Aleardo Terzi e Aleardo Villa, i quali, seppur con diverse interpretazioni stilistiche, hanno seguito le indicazioni del committente, enfatizzando la raffinatezza dei capi d’abbigliamento.
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