Napoli, il tunnel borbonico ed i suoi mille volti
| In città
Ricovero nella Seconda Guerra Mondiale e deposito nel dopoguerra
La storia di una città attraverso i suoi luoghi più nascosti e finalmente riaperti: le sue origini e la sua storia sepolta nel Tunnel Borbonico, ribattezzato Galleria Borbonica. Il Tunnel Borbonico è oggi sede di percorsi culturali e visite guidate.
Una città dal suolo vuoto, verrebbe d’istinto dire, ma l’oratore più oculato risponderebbe che è proprio quell’assenza di materia, che si snoda tra mille cunicoli, rappresenta la nostra essenza nell’essere cittadini, visitatori, parte delle strade che viviamo, attraversiamo e, troppo spesso, ignoriamo. La quotidianità è una brutta bestia che fugge smarrita dinnanzi ad uno dei cuori pulsanti della città ro’ sol: il tunnel borbonico. Al di là dell’ovvia considerazione che il lessico del luogo fa sorgere alla mente, questo pezzo di storia rappresenta il passato, ma anche il presente ed uno specchio per il futuro. Si, perché non solo le auto americane ed italiane del deposito giudiziario vengono gelosamente preservate nel suo ventre, ma anche le testimonianze di vita e speranza delle popolazioni bombardate durante il secondo conflitto.
Osservando i giochi dei più piccoli che solevano trascorrere lì la maggior parte del loro tempo, nonché i nomi e le date scolpite sui muri, sembra quasi di sentire che le sirene che, incessanti, spingono il popolo a sfuggire all’angelo della morte che la guerra porta in ogni casa, incurante di chi la abiti, dei suoi desideri e dei suoi sogni. E’ trascorso di tempo dalle grida disperate dei rifugi e da quelle date che, mani tremolanti ed impaurite, hanno impresso sulle pareti per infondersi coraggio, per ribadire alla propria anima di essere ancora viva, pulsante. Ma come una clessidra, la sabbia del tempo continua a scorrere in queste stanze, dove sculture moderne sembrano ergersi a guardiane delle cisterne che un tempo ospitavano le acque della città ed il pozzaro, uomo chiave e punto di raccordo tra le case soprastanti e le acque sotterranee.
Insomma, un filo sottilissimo che legava indissolubilmente il regno del riso dei vivi e quello del silenzio della disperazione. Non si può non pensare a come l’architetto borbonico Errico Alvino aveva in mente, osservando i due ponti voluti dal re Ferdinando II di Borbone, né all’idea mastodontica di congiungimento di palazzo Reale con piazza Vittoria. Quando il luogo divenne un ricovero, le scale a chiocciola costituirono un valido aiuto per i fuggiaschi per potersi mettere in salvo. Molti morirono, altri sopravvissero, ma, nonostante gli anni siano fluidamente trascorsi, le grida di dolore riecheggiano silenti e discrete. E la vita al di sopra del suolo prosegue tra affanni quotidiani e incontri d’affari.
Osservando i giochi dei più piccoli che solevano trascorrere lì la maggior parte del loro tempo, nonché i nomi e le date scolpite sui muri, sembra quasi di sentire che le sirene che, incessanti, spingono il popolo a sfuggire all’angelo della morte che la guerra porta in ogni casa, incurante di chi la abiti, dei suoi desideri e dei suoi sogni. E’ trascorso di tempo dalle grida disperate dei rifugi e da quelle date che, mani tremolanti ed impaurite, hanno impresso sulle pareti per infondersi coraggio, per ribadire alla propria anima di essere ancora viva, pulsante. Ma come una clessidra, la sabbia del tempo continua a scorrere in queste stanze, dove sculture moderne sembrano ergersi a guardiane delle cisterne che un tempo ospitavano le acque della città ed il pozzaro, uomo chiave e punto di raccordo tra le case soprastanti e le acque sotterranee.
Insomma, un filo sottilissimo che legava indissolubilmente il regno del riso dei vivi e quello del silenzio della disperazione. Non si può non pensare a come l’architetto borbonico Errico Alvino aveva in mente, osservando i due ponti voluti dal re Ferdinando II di Borbone, né all’idea mastodontica di congiungimento di palazzo Reale con piazza Vittoria. Quando il luogo divenne un ricovero, le scale a chiocciola costituirono un valido aiuto per i fuggiaschi per potersi mettere in salvo. Molti morirono, altri sopravvissero, ma, nonostante gli anni siano fluidamente trascorsi, le grida di dolore riecheggiano silenti e discrete. E la vita al di sopra del suolo prosegue tra affanni quotidiani e incontri d’affari.
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