Henry Beyle - Stendhal in visita a Napoli
Stendhal, il soggiorno napoletano tra arte e cultura
Henri Beyle, in arte Stendhal, visitò varie volte Napoli, passando alcuni giorni ad Ischia e Pompei, dove lasciò sulla parete del tempio di Iside un graffito con il proprio nome, visibile anche oggi; soggiornò anche per un breve periodo a Paestum ed Ercolano.
In quel periodo Napoli era la capitale borbonica dello Stato più importante e ricco della penisola italica, avendo come rivale solo la capitale francese, Parigi. Stendhal era presente la sera dell’inaugurazione del Teatro San Carlo e rimase strabiliato dalle decorazioni in argento brunito lucidato con pietra d’agata, con ricami in oro zecchino; i palchi e i tendaggi erano in raso azzurro, all'epoca il colore ufficiale della Casa Borbonica (solo successivamente sostituito dal rosso porpora).
Nella sua opera “Rome, Naples et Florence”, un vero e proprio diario di viaggio, notò come a Napoli ci fosse un divario enorme tra la classe nobile e il popolino, il quale si affidava il più delle volte alla fede in San Gennaro per riscattarsi dai torti subiti, sperando quindi nell'intervento della divina provvidenza. Insomma, Stendhal conobbe i lati positivi ma scoprì anche alcune realtà tristi della città di Napoli; tuttavia, prima di lasciarla definitivamente per trasferirsi in Francia, le dedicò queste bellissime parole:
“Parto. Non dimenticherò né la via Toledo né tutti gli altri quartieri di Napoli; ai miei occhi è, senza nessun paragone, la città più bella dell’universo” e aggiunse: “…questo golfo stupendo che pare fatto apposta per la gioia degli occhi, le colline tutte rivestite di alberi che cingono Napoli, la passeggiata di Posillipo lungo l’aereo viale costruito da Gioacchino: tutto un mondo che è impossibile rievocare, com'è impossibile dimenticarlo…”.
In quel periodo Napoli era la capitale borbonica dello Stato più importante e ricco della penisola italica, avendo come rivale solo la capitale francese, Parigi. Stendhal era presente la sera dell’inaugurazione del Teatro San Carlo e rimase strabiliato dalle decorazioni in argento brunito lucidato con pietra d’agata, con ricami in oro zecchino; i palchi e i tendaggi erano in raso azzurro, all'epoca il colore ufficiale della Casa Borbonica (solo successivamente sostituito dal rosso porpora).
Nella sua opera “Rome, Naples et Florence”, un vero e proprio diario di viaggio, notò come a Napoli ci fosse un divario enorme tra la classe nobile e il popolino, il quale si affidava il più delle volte alla fede in San Gennaro per riscattarsi dai torti subiti, sperando quindi nell'intervento della divina provvidenza. Insomma, Stendhal conobbe i lati positivi ma scoprì anche alcune realtà tristi della città di Napoli; tuttavia, prima di lasciarla definitivamente per trasferirsi in Francia, le dedicò queste bellissime parole:
“Parto. Non dimenticherò né la via Toledo né tutti gli altri quartieri di Napoli; ai miei occhi è, senza nessun paragone, la città più bella dell’universo” e aggiunse: “…questo golfo stupendo che pare fatto apposta per la gioia degli occhi, le colline tutte rivestite di alberi che cingono Napoli, la passeggiata di Posillipo lungo l’aereo viale costruito da Gioacchino: tutto un mondo che è impossibile rievocare, com'è impossibile dimenticarlo…”.
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