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Il Museo di Anatomia Umana di Napoli


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Museo di Anatomia Umana di Napoli

Museo di Anatomia Umana di Napoli

Museo di Anatomia Umana di Napoli
Uno dei musei più antichi e completi al mondo
Fondato tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento per chiari scopi didattici, il Museo di Anatomia Umana di Napoli si trova presso l’Istituto di Anatomia Umana, a sua volta compreso nei chiostri di Santa Patrizia della Seconda Università degli Studi di Napoli.
Solo in seguito ha iniziato ad ospitare collezioni, grazie anche alle teorie evoluzionistiche di Charles Darwin, a loro volta sopraggiunte grazie alla sensibilità naturalistica che definì quella stagione culturale e scientifica. Le sezioni del Museo Anatomico partenopeo ospitano raccolte di organi in cera, di organi essiccati, reperti in formalina o alcool, feti malformati, teste ciclopiche (con un solo occhio) e altri elementi utili per studiare e definire le patologie anatomiche. Gli elementi e reperti esposti nel Museo incorniciano Napoli come protagonista della rivoluzione culturale e scientifica nel periodo compreso tra la fine del '500 e l'inizio dell'800. Se il 700 e la stagione illuminista napoletani furono espressi dagli studi di Cotugno presso l'Ospedale degli Incurabili, ove è oggi possibile visitare la settecentesca La farmacia degli Incurabili, un gioiello di cultura partenopea che illustra il passaggio dall'alchimia e dai rimedi curativi all'effettiva medicina scientifica; e l'800 si distinse invece per le riforme francesi e borboniche, dopo il 1861, all'alba dell'Unità d'Italia, le sale del Museo furono arricchite da nuovi reperti come i crani raccolti agli scavi di Pompei e Cuma, e le “teste della Vicaria“, cioè i teschi dei giustiziati per impiccagione e rimasti appesi per circa trent’anni in gabbie di ferro antistanti l'ingresso di Castel Capuano. Tra questi si era anche il cranio di una donna, Giuditta Guastamacchia, impiccata nel 1800 per adulterio. Oltre a questi compaiono una serie di strumenti chirurgici di differente provenienza temporale: bisturi di epoca romana, le calcinazioni delle epidemie ottocentesche di Giuseppe Albini, le “pietrificazioni” di Efisio Marini, scienziato di metà 800 che inventò un metodo di mummificazione degli organi interni e tante altre sorprese che ci aiuteranno a scivolare nei fasti del passato partenopeo.