Napoli connection: i figli della guerra
I figli della Guerra. L'eredità che non ti aspetti dalla seconda guerra mondiale
Durante l'occupazione alleata nasce la generazione dei figli della guerra, cioè i bambini nati dall'unione delle donne partenopee con i soldati afro-americani. Un po' come i "figli d'Annibale" delle guerre puniche. Ma quelli erano altri tempi. C'è un filo ininterrotto che corre da New Orleans a Napoli e che collega due grandi metropoli del sud. Il jazz incontra gli scugnizzi e Napoli diventa multietnica: siamo alla fine della seconda guerra mondiale e a Napoli nascono bambini come James Senese.
La tradizione jazzistica italiana trova a Napoli un fertile terreno e grandi protagonisti. Non solo, o meglio, in particolare, è la musica nera a trovare inediti stimoli in terra di Partenope e tutto questo panorama culturale ha origine nel periodo terminale del conflitto, quando a seguito dello sbarco degli Alleati, s'iniziarono a vedere donne incinte che presto avrebbero partorito un bambino di un altro colore. La storia dei "figli della guerra" è una storia allegra e malinconica di una città che corrompe e si fa corrompere, storia di gente comune che lotta contro la fame, storia di una città che sfrutta i suoi liberatori, una storia di Napoli, una storia della vita.
Gli alleati entrano a Napoli nel 43 e stando alla testimonianza di un vecchietto, "gli americani ci hanno levato la fame dalla bocca". L'occupazione della nostra città avrebbe garantito il successo delle operazioni militari nel mediterraneo, poichè Napoli rappresentava un'importante obiettivo strategico, prima per i tedeschi poi per gli alleati: per questo sono state distrutte tutte le infrastrutture. "Tutto era distrutto, non potevamo attraccare, il porto era distrutto" - commenta un ex reporter di guerra americano. Insomma fame, malattie, distruzione, morte e senso di avvilimento regnavano incontrastati a Napoli, dove ormai le donne iniziarono a concedersi anche per un pezzo di pane, dato che il pasto precedente era stato a base di bucce di patate. Da relazioni occasionali e temporanee nascono i figli della guerra, ma solo pochi conosceranno i loro padri, che guarderanno sempre e solo in fotografia.
La celebre Tammurriata nera nasce proprio in quegli anni e parla proprio dei nati alla fine della guerra, tra il 1944 e il 1945. "Penicillina, scatolette di fagioli, gli americani portavano "la vita nu poco meglio" a Napoli". Il fronte è a Cassino, la Linea Gustav che divideva l'Italia in due parti. Napoli è tagliata fuori nel 1943, la fame e le malattie sono quotidiane tragedie. In questo scenario la signora Senese partorì quel fenomeno di figlio che tutti conosciamo col nome di James Senese, per alcuni solo un musicista, per altri lui "è" la musica. "Mia mamma si è trovata questo figlio di un altro colore ma il peso l'ho portato tutto io" - dice in un'intervista alla rai di qualche tempo fa. James Senese faceva e fa tutt'ora una musica in cui riecheggiano le atmosfere dei campi dell'Alabama e i rumori del porto di New Orleans, la tristezza del sax e la malinconia dei suonatori di strada, di quelle strade di quelle città degli stati poveri dell'America del sud, dove vivevano i neri, e dove essi mettevano in poesia jazzata tutta la rabbia di chi vuole affermarsi.
Da qui nascono gli "Showmen", il gruppo storico di Mario Musella, figlio di una napoletana e di un nativo americano, da cui il nomignolo Nero a metà (successivo titolo di un famoso album di Pino Daniele). Nella formazione degli Showmen c'è anche un giovane James Senese, che proprio così conoscerà Pino Daniele. Comprare e rivendere, questa la fortuna della gente di Napoli che altrimenti sarebbe morta di fame da secoli. I soldati americani spendevano i loro soldi nei bar e nelle profumerie per fare regali alle ragazze, e di contro, la tipografia Pironti si affrettò a compilare il dizionario americano-napoletano. La guerra portò anche qualche soldo, dopo le macerie. Lottare per vivere, per salvare la propria pelle, per un tozzo di pane ognuno è pronto a prostituirsi e a vendere la madre, la figlia, la sorella. Se la tua vita vale una buccia d'arancia, la lotta è aspra e dura. Le prostitute si facevano pagare con calze e sapone, gli uomini commettevano le più sudicie viltà per poco o niente, così bassa si fa la dignità in tempi di guerra. Il costo dei beni saliva sempre più, mentre il prezzo della carne umana si svalutava con la stessa intensità, in un rapporto vile e disumano, ma logico e contingenziale.
Tutti svolgevano a sprazzi mestieri di ogni sorta; James Senese avrebbe voluto fare il cameriere ma quello era un sogno: ha fatto l'operaio per un giorno e il benzinaio per qualche giorno in più, le ragazze carine finivano a fare l'entreneuse nei night e negli alberghi di via Medina, lavori ritenuti come tanti altri e mai sconvenienti. Nei primi anni di dopoguerra erano ancora parecchi i Napoletani a vivere nei ricoveri (20000 circa, in compagnia d'insetti e pidocchi, senz'acqua e cure sanitarie), la distruzione era ancora lì a mostrarsi attraverso facciate scricchiolanti di palazzi svuotati da una bomba; del resto le testimonianze di Senese si riferiscono agli anni 50, dunque la precarietà ha continuato ad albergare in città, soprattutto nei quartieri popolari.
E gli americani, preoccupati per le truppe e per la popolazione, chiamavano quest'ultima a raccolta per disinfestazioni a base di DDT. Ma gli americani non portarono solo cure e libertà, anche buona musica, quella che sarebbe piaciuta a James Senese: Duke Ellingtone, Glenn Miller, Benny Goodman. Il jazz tanto detestato dal Fascismo, investe vicoli e strade di Napoli col suo ritmo coinvolgente: "sentendo la musica americana e poi la mia, a volte trovo un nesso molto forte, mi ritrovo spiritualmente molto dall'altra parte e non da questa".
Ma Napoli era anche temuta dai suoi ospiti, a causa dei suoi traffici, che nascevano in modo impensabile accanto ad ogni vezzo o necessità: il mercato nero, sostenuto in parte dagli americani, ha dato da vivere a da mangiare a molti. E in alcuni casi i trafficanti solevano raggrupparsi in bande che avrebbero poi mantenuto e sviluppato quelle attività, anche in tempi distanti dal dopoguerra, gettando le basi concrete per le affiliazioni camorristiche, cresciute proprio grazie al contrabbando di sigarette americane. Vi era però un altro mercato nero, quelle delle cose semplici e spicciole. Forcella è passata alla storia per questo fenomeno socio-economico che avrebbe poi rifornito il mercato di Pugliano a Resina, Ercolano, dove oggi c'è un foltissimo mercato vintage per accessori e abbigliamento.
E allora vi suggeriamo un romanzo e un film per approfondire i temi del dopoguerra napoletano, con tutte le sue conseguenze, sociali, storiche, artistiche: La pelle è un film di Liliana Cavani del 1981 tratto dal romanzo omonimo di Curzio Malaparte.
Foto di Ivana Ragione
La tradizione jazzistica italiana trova a Napoli un fertile terreno e grandi protagonisti. Non solo, o meglio, in particolare, è la musica nera a trovare inediti stimoli in terra di Partenope e tutto questo panorama culturale ha origine nel periodo terminale del conflitto, quando a seguito dello sbarco degli Alleati, s'iniziarono a vedere donne incinte che presto avrebbero partorito un bambino di un altro colore. La storia dei "figli della guerra" è una storia allegra e malinconica di una città che corrompe e si fa corrompere, storia di gente comune che lotta contro la fame, storia di una città che sfrutta i suoi liberatori, una storia di Napoli, una storia della vita.
Gli alleati entrano a Napoli nel 43 e stando alla testimonianza di un vecchietto, "gli americani ci hanno levato la fame dalla bocca". L'occupazione della nostra città avrebbe garantito il successo delle operazioni militari nel mediterraneo, poichè Napoli rappresentava un'importante obiettivo strategico, prima per i tedeschi poi per gli alleati: per questo sono state distrutte tutte le infrastrutture. "Tutto era distrutto, non potevamo attraccare, il porto era distrutto" - commenta un ex reporter di guerra americano. Insomma fame, malattie, distruzione, morte e senso di avvilimento regnavano incontrastati a Napoli, dove ormai le donne iniziarono a concedersi anche per un pezzo di pane, dato che il pasto precedente era stato a base di bucce di patate. Da relazioni occasionali e temporanee nascono i figli della guerra, ma solo pochi conosceranno i loro padri, che guarderanno sempre e solo in fotografia.
La celebre Tammurriata nera nasce proprio in quegli anni e parla proprio dei nati alla fine della guerra, tra il 1944 e il 1945. "Penicillina, scatolette di fagioli, gli americani portavano "la vita nu poco meglio" a Napoli". Il fronte è a Cassino, la Linea Gustav che divideva l'Italia in due parti. Napoli è tagliata fuori nel 1943, la fame e le malattie sono quotidiane tragedie. In questo scenario la signora Senese partorì quel fenomeno di figlio che tutti conosciamo col nome di James Senese, per alcuni solo un musicista, per altri lui "è" la musica. "Mia mamma si è trovata questo figlio di un altro colore ma il peso l'ho portato tutto io" - dice in un'intervista alla rai di qualche tempo fa. James Senese faceva e fa tutt'ora una musica in cui riecheggiano le atmosfere dei campi dell'Alabama e i rumori del porto di New Orleans, la tristezza del sax e la malinconia dei suonatori di strada, di quelle strade di quelle città degli stati poveri dell'America del sud, dove vivevano i neri, e dove essi mettevano in poesia jazzata tutta la rabbia di chi vuole affermarsi.
Da qui nascono gli "Showmen", il gruppo storico di Mario Musella, figlio di una napoletana e di un nativo americano, da cui il nomignolo Nero a metà (successivo titolo di un famoso album di Pino Daniele). Nella formazione degli Showmen c'è anche un giovane James Senese, che proprio così conoscerà Pino Daniele. Comprare e rivendere, questa la fortuna della gente di Napoli che altrimenti sarebbe morta di fame da secoli. I soldati americani spendevano i loro soldi nei bar e nelle profumerie per fare regali alle ragazze, e di contro, la tipografia Pironti si affrettò a compilare il dizionario americano-napoletano. La guerra portò anche qualche soldo, dopo le macerie. Lottare per vivere, per salvare la propria pelle, per un tozzo di pane ognuno è pronto a prostituirsi e a vendere la madre, la figlia, la sorella. Se la tua vita vale una buccia d'arancia, la lotta è aspra e dura. Le prostitute si facevano pagare con calze e sapone, gli uomini commettevano le più sudicie viltà per poco o niente, così bassa si fa la dignità in tempi di guerra. Il costo dei beni saliva sempre più, mentre il prezzo della carne umana si svalutava con la stessa intensità, in un rapporto vile e disumano, ma logico e contingenziale.
Tutti svolgevano a sprazzi mestieri di ogni sorta; James Senese avrebbe voluto fare il cameriere ma quello era un sogno: ha fatto l'operaio per un giorno e il benzinaio per qualche giorno in più, le ragazze carine finivano a fare l'entreneuse nei night e negli alberghi di via Medina, lavori ritenuti come tanti altri e mai sconvenienti. Nei primi anni di dopoguerra erano ancora parecchi i Napoletani a vivere nei ricoveri (20000 circa, in compagnia d'insetti e pidocchi, senz'acqua e cure sanitarie), la distruzione era ancora lì a mostrarsi attraverso facciate scricchiolanti di palazzi svuotati da una bomba; del resto le testimonianze di Senese si riferiscono agli anni 50, dunque la precarietà ha continuato ad albergare in città, soprattutto nei quartieri popolari.
E gli americani, preoccupati per le truppe e per la popolazione, chiamavano quest'ultima a raccolta per disinfestazioni a base di DDT. Ma gli americani non portarono solo cure e libertà, anche buona musica, quella che sarebbe piaciuta a James Senese: Duke Ellingtone, Glenn Miller, Benny Goodman. Il jazz tanto detestato dal Fascismo, investe vicoli e strade di Napoli col suo ritmo coinvolgente: "sentendo la musica americana e poi la mia, a volte trovo un nesso molto forte, mi ritrovo spiritualmente molto dall'altra parte e non da questa".
Ma Napoli era anche temuta dai suoi ospiti, a causa dei suoi traffici, che nascevano in modo impensabile accanto ad ogni vezzo o necessità: il mercato nero, sostenuto in parte dagli americani, ha dato da vivere a da mangiare a molti. E in alcuni casi i trafficanti solevano raggrupparsi in bande che avrebbero poi mantenuto e sviluppato quelle attività, anche in tempi distanti dal dopoguerra, gettando le basi concrete per le affiliazioni camorristiche, cresciute proprio grazie al contrabbando di sigarette americane. Vi era però un altro mercato nero, quelle delle cose semplici e spicciole. Forcella è passata alla storia per questo fenomeno socio-economico che avrebbe poi rifornito il mercato di Pugliano a Resina, Ercolano, dove oggi c'è un foltissimo mercato vintage per accessori e abbigliamento.
E allora vi suggeriamo un romanzo e un film per approfondire i temi del dopoguerra napoletano, con tutte le sue conseguenze, sociali, storiche, artistiche: La pelle è un film di Liliana Cavani del 1981 tratto dal romanzo omonimo di Curzio Malaparte.
Foto di Ivana Ragione